Cose di bici è una newsletter che parla di biciclette e altre felicità.
Tra un paio di giorni torno a casa per le vacanze estive, questa volta in treno, niente traversata dell’Italia in bicicletta. Prendo il treno ma la bici la porto comunque con me.
Torno in Puglia e non vedo l’ora di pedalare sui tornanti a strapiombo sul mare all’ombra degli alberi della macchia mediterranea.
In tempi come questi la fuga è l'unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare. Inizia così il capolavoro di Gabriele Salvatores che vince l’Oscar nel 1991: Mediterraneo.
L’ho visto per la prima volta qualche giorno fa (si, lo so, meglio tardi che mai) e l’ho amato profondamente.
In un’intervista rilasciata a Vogue a 30 anni dall’uscita del film, il regista racconta della genesi del titolo: pare che in partenza il film si sarebbe dovuto chiamare Lasciateci perdere che sta per lasciateci stare ma anche per lasciate che ci perdiamo.
Pèrdere deriva dal latino per (oltre, al di là) e dare (dare), una parola utilizzata (quasi) sempre con un’accezione negativa con il significato di andare in rovina, cessare di avere, mancare un’occasione.
E invece io mi sento viva quando mi perdo, quando attraverso luoghi che non conosco, quando incontro sguardi nuovi, quando assaggio sapori diversi, quando ascolto suoni che non mi sono familiari, quando sono libera di immaginare, quando tutto è ancora da scoprire.
Imparare a perdersi non è semplice, è un esercizio impegnativo durante il quale ci alleniamo all’imprevisto, all’ignoto, impariamo ad abbracciare l’avventura.
Dal fr. aventure, a sua volta dal lat. adventura (nominativo pl. neutro) ‘le cose che accadranno’, reso sing. femm. •inizio sec. XIII.
Perdersi significa rinunciare all’illusione della sicurezza offerta da apparati umani: non per cercare il rischio, ma per poter ascoltare ciò che il rumore della civiltà non lascia più udire.
Dice Franco Michieli, geologo ed esploratore.
Per riuscire ad ascoltare però si deve rallentare. Andare piano è darsi la possibilità di entrare in intimità con la natura e la storia delle cose che incontriamo.
Così facendo, ci si ritrova a scoprire in profondità i luoghi e le cose che sono nei luoghi. E noi stessi. E noi stessi che siamo luoghi e i luoghi che siamo noi.
Paolo Pileri, progettare la lentezza
Tutto questo per dire: lasciatemi perdere, lasciatevi perdere, lasciamoci perdere.
Certo siamo tutti bravi a perderci ora che abbiamo gps, navigatori, ciclocomputer e altri mirabolanti aggeggi che ci permettono di capire dove ci troviamo anche quando siamo nel mezzo del nulla, di pianificare il tragitto migliore per raggiungere una destinazione, che ci indicano la direzione giusta in ogni caso.
Fino a qualche anno fa si viaggiava armati di guide, mappe topografiche, road book e carte geografiche di ogni forma e dimensione.
Questa ad esempio è la prima versione in assoluto del Lonely Planet sulla copertina di 'Across ASIA on the cheap'. Era il 1972 quando i novelli sposi Tony e Maureen Wheeler scrissero e stamparono in autonomia la loro prima guida, un libretto di 96 pagine, il primo di una lunga serie.
L’origine delle guide di viaggio non è chiara, ma molto interessante.
Ciclovia della cultura
La scorsa settimana ho pedalato lungo la Ciclovia della Cultura che collega Bergamo a Brescia, un percorso di 76 km che unisce le due città Capitale della Cultura 2023.
Un itinerario tra storia, cultura enogastronomica e natura di cui potete scaricare la traccia e reperire tutte le info sul sito ufficiale cicloviaculturalebgbs.it
Il percorso è bene segnalato, non presenta difficoltà tecniche ed entrambe le città sono ben collegate rendendo possibile l’opzione treno + bici al ritorno.
Cose tristi ma utili
Sono usciti i dati sull’incidentalità in Italia nel 2023 e i numeri non sono affatto buoni. Ne ho parlato qui e vi lascio il pdf da scaricare con tutte le infografiche.
Uno dei numeri che più salta all’occhio è 18 miliardi, che sono i costi sociali dei disastri che accadono tutti i giorni sulle strade italiane.
Pago le tasse, tante tasse, e pensare che parte dei miei soldi vada a coprire quelle spese mi fa abbastanza innervosire ( avrei voluto dire incazzare ma sono una signora) senza considerare che tutto questo va a gravare sul sistema sanitario già al collasso.
Le principali cause di incidenti sono la distrazione e la velocità. Poveri noi.
Olimpiste
La vera protagonista di Parigi 2024 sarà la bicicletta. In aggiunta ai più di 1.000 chilometri di piste ciclabili di cui già dispone la capitale francese, il 100% dei siti delle competizioni dell'Île-de-France sarà raggiungibile in bici: 60 chilometri di "Olimpiste", 10.000 posteggi per bici e 3.000 Vélib' (il servizio pubblico di bike sharing della città di Parigi) supplementari saranno messe a disposizione.
Anche nel resto della Francia gli itinerari ciclabili permetteranno di collegare le grandi città e i diversi siti olimpici. Tra questi si segnalano: la Scandibérique, che attraversa una ventina di dipartimenti francesi, quattro regioni e numerose città, tra cui Parigi e Bordeaux; La Seine à Vélo, che segue il corso della Senna da Parigi a Le Havre e Deauville; e la Véloscénie, che collega Parigi al Mont Saint-Michel.
Fonte: https://www.parigi.it/accessibilita-al-servizio-dei-giochi-di-parigi-2024
Non proprio così “inclusiva”
Quarantacinque metri quadrati così stipati di roba da ricordare le case degli accumulatori compulsivi esibite con sgomento a Chi l’ha visto. Non potrò mai dimenticare la giornalista di un noto quotidiano che una volta mi ha detto:
«Sono venuta a Milano pensando che questo fosse il posto in cui succedono le cose, ma da quando sto qui le cose le vedo da lontano: io non ho la possibilità di fare niente»
Si legge in un ottimo articolo di Jonathan Bazzi sulla sempre più problematica situazione abitativa a Milano.
Ci leggiamo lunedì prossimo dal mare, saluti & bici.
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